Antonio Gramsci, scuola e cultura tra difficoltà e grande pensiero

Antonio Gramsci

L’importanza della scuola nella vita di Antonio Gramsci.

Antonio Gramsci, quarto di sette figli, consegue a Ghilarza nel 1902 la licenza elementare. Le ristrettezze economiche della famiglia, lo costringono a soli 10 anni a lavorare presso l’ufficio del catasto del paese ma nonostante tutto continua gli studi privatamente. Tra il 1905 ed 1908 frequenta il ginnasio comunale di Santu Lussurgiu, per poi iscriversi al liceo classico Dettori di Cagliari. Ospite del fratello Gennaro, la sua condizione economica continua ad essere difficile, precaria, tanto da impedirgli di frequentare la scuola: “Non vado a scuola perché non ho vestito […] giunsi alla fine del III anno di liceo in condizioni di denutrizione molto gravi”.

Il percorso scolastico di uno tra i più importanti filosofi.

Questa in breve il faticoso percorso scolastico di un uomo considerato uno tra i più importanti filosofi italiani del secolo breve. Non tutti gli studiosi di Gramsci ne condividono il suo patrimonio di idee. Tuttavia è innegabile che il pensiero organico elaborato durante la lunga prigionia nelle carceri fasciste, dal novembre del 1926 fino alla sua morte, conserva una straordinaria attualità. Scuola, cultura, in particolare quella “popolare”, cioè quella propria delle classi subalterne, sono ambiti nei quali Gramsci ha esercitato, attraverso Le lettere, i Quaderni e le centinaia di articoli pubblicati su giornali e riviste e altri scritti, il suo talento di studioso. “Bisogna impedire a quel cervello di funzionare per almeno vent’anni”, sono state le parole del pubblico ministero durante la requisitoria nel processo contro Gramsci nel 1928.

Il pensieri gramsciano spesso trattato con superficialità.

Quel cervello non smise mai di funzionare, anzi. Tuttavia, nonostante questo impareggiabile patrimonio, arrivato a noi, del Gramsci discente, maestro, pedagogo, linguista e storico, ma più in generale di formatore, nelle ampie biografie, a lui dedicate e in particolare le riflessioni sulla Scuola, sono sempre state trattate, da buona parte degli specialisti del pensiero gramsciano, con superficialità o ritenute poco più che un dettaglio, per dare invece più spazio alle teorizzazioni politiche e filosofiche di carattere più generale. “Ingabbiato”, forse volutamente, dai suoi compagni e dagli studiosi della sua parte politica, se mai è esistita una sua parte politica vera e propria, al ruolo di cofondatore del partito comunista d’Italia nel 1921 e del giornale l’Unità nel 1924. Eppure questa sua attenzione e l’interesse per i temi dell’istruzione e dell’educazione comincia prestissimo.

La scuola e la formazione sono stati fondamentali per Antonio Gramsci.

All’esame di licenza elementare, che superò brillantemente, immaginando di rispondere ad una lettera scritta dall’amico Giovanni, svolse un tema che aveva questo titolo: “Se un tuo compagno benestante e molto intelligente ti avesse espresso il proposito di abbandonare gli studi, che cosa gli risponderesti?”. Svolgimento: “[…] tu che sei tanto intelligente che, grazie a Dio, non ti manca il necessario, tu vuoi abbandonare gli studi? Dici a me di far lo stesso […] , ma io caro amico non potrò mai abbandonare gli studi che sono la mia unica speranza di vivere onoratamente, […] , chi non studia in gioventù se ne pentirà amaramente nella vecchia”. Termina l’elaborato con un invito, che è quasi una preghiera: “Torna agli studi caro Giovanni, e vi troverai tutti i beni possibili”.

Per Gramsci, la scuola, la formazione, la cultura sono il presupposto per un progetto di vita. Il fondamento per sviluppare il pensiero critico, la creatività ed il linguaggio.

La scuola è il pilastro della società.

Il sapere è alla base dei rapporti umani e la scuola il pilastro della società. A rileggere molti passaggi del pensiero gramsciano si intravedono, dopo oltre un secolo, sollecitazioni e suggerimenti per eliminare quello strato di opacità che ancora oggi avvolge nella società la funzione educativa della scuola ed il ruolo ormai svilito dei docenti, che lui invece metteva al centro dell’azione educante. Nel quaderno 12 osservava Gramsci, “Lo studio delle lingue classiche, […] è elemento essenziale della vita e della cultura nazionale”[…]. “Non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali. Si impara per conoscere direttamente le civiltà dei due popoli, presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per conoscere se stessi e conoscere se stessi consapevolmente”.

Per Gramsci lo studio “è un mestiere , molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e la sofferenza”.

Quello di Antonio Gramsci è un invito di straordinaria attualità.

Un invito a non farsi ingannare dalla scuola “facile”, ma a perseguire una scuola “disinteressata”, “che non ipotechi l’avvenire del fanciullo e costringa la sua volontà, la sua intelligenza, la sua conoscenza in formazione a muoversi entro un binario a stazione prefissata”. Nell’era dell’intelligenza artificiale quell'”Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”, continua ad essere un invito di straordinaria attualità, anche per le giovani e i giovani del terzo millennio.

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Collaboratore - Giornale di Oristano