Vangelo di sabato 1 novembre, lettura e commento di don Alejandro

Don Alejandro Garcia Quintero

Il Vangelo di sabato 1 novembre 2025.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a
Sabato 1 novembre 2025

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli;
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati;
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra;
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati;
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia;
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio;
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio;
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli;
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

La meditazione.

Gesù ha detto “beati voi poveri, beati voi che siete nel pianto, beati voi perseguitati”. Ogni volta che ascoltiamo il Vangelo delle beatitudini rimaniamo un po’ così. Storciamo un po’ il naso perché accosta alla beatitudine, quindi alla felicità, cose che di per sé non ci piacciono. A nessuno piace essere povero, piangere, essere perseguitati. Tutti siamo miti e misericordiosi ed operatori di pace sinchè non ci puntano il dito sul naso e ci pungono poco poco con uno spillo.

Ma il Signore non ci chiede di essere poveri, di piangere, di farci perseguitare, non ci chiede di essere miti e misericordiosi. Almeno non nel modo in cui il mondo vede queste cose. Il Signore ci chiede di essere liberi da tutto e da tutti, poveri che non accumulano per sé dimentichi degli altri, capaci di mettersi a disposizione gli uni degli altri perché a nessuno manchi la dignità del vivere. Di essi è il regno di Dio, costruiscono cioè un mondo diverso.

Il Signore ci chiede il pianto, ma non quello di chi gli capita un dolore e allora siamo felici nonostante tutto, perché no, non funziona così. Lo sappiamo bene. Gesù parla del suo tipo di pianto, quello di chi ama, di chi soffre con chi soffre e gode con chi è nella gioia. Il pianto di chi vorrebbe che tutti potessero conoscere l’amore del Signore e vivere di conseguenza. Eppure ci si guarda intorno e vede tanto odio e lontananza da Lui. Saranno consolati dal suo amore.

Il Signore ci chiede la mitezza e la misericordia, ma non quella del mondo, quella di chi è passivo e succube degli altri e accetta tutto. Ma quella di chi non risponde alla violenza con la violenza, ma con la verità, con la gentilezza.

Celebrando la festa di tutti i Santi, guardando a loro come esempi di persone come noi che sono state semplicemente amiche di Gesù mi viene in mente una scena che vi è familiare perché magari l’avete vissuta…pensate ad un bambino che deve fare un’esibizione o una partita. Ci sono tutti i genitori e le persone affollano il posto applaudendo e incitando.

Al bambino non interessa se anche ci fosse il mondo a guardarlo, starà attento che ci siano i suoi genitori ad applaudirlo, che ci sia la fidanzatina a guardarlo e poi alla fine a dirgli bravo hai giocato benissimo! Le beatitudini ci mettono davanti ad una scelta: da chi vuoi ricevere le congratulazioni, chi vuoi che ti dica “bravo”, chi vuoi che ti dica beato? Gesù di Nazareth, o il mondo con le sue zucche vuote che non ricercano più ideali alti?

Nella prima lettura abbiamo sentito parlare di quella moltitudine di gente vestita di bianco, luminosi, gioiosi, belli, coraggiosi. Siamo noi, i cristiani, che abbiamo scelto di vivere come figli della luce, seguaci di un maestro che per noi ha dato tutto e ci ha insegnato come essere felici e beati perché amati e amanti, guardiamo a lui che ci possa un giorno dire: bravo, beato te!

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Collaboratore - Giornale di Oristano.