Un uomo anziano di Villaurbana, già affetto da patologie pregresse, è stato ricoverato all’Ospedale Santissima Trinità di Cagliari dopo che le analisi sierologiche hanno confermato la positività al virus West Nile. L’esame, effettuato dal Laboratorio Analisi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari, ha certificato il contagio, che rappresenta il terzo caso umano registrato in provincia di Oristano dall’inizio del 2025.
Il Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria, diretto dalla dottoressa Maria Valentina Marras, in collaborazione con il Servizio di Sanità Animale guidato dal dottor Enrico Vacca, ha avviato le procedure previste per simili circostanze: indagine epidemiologica, delimitazione dell’area di residenza dell’uomo e richiesta di intervento di disinfestazione alla Provincia, competente in materia.
Il virus West Nile, identificato per la prima volta nel 1937 in Uganda, nel distretto omonimo, è oggi diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I principali serbatoi dell’agente patogeno sono gli uccelli selvatici, mentre le zanzare, in particolare quelle della specie Culex, sono il mezzo di trasmissione all’uomo. Non si registra contagio diretto tra persone infette, ma il virus può interessare anche altri mammiferi, come cavalli, e in alcuni casi cani, gatti, conigli e altri animali.
Il periodo di incubazione varia solitamente tra due e quattordici giorni, con un’estensione fino a ventuno nei soggetti immunodepressi. La maggioranza delle persone infettate non presenta sintomi, mentre circa il 20% manifesta disturbi leggeri, tra cui febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati ed eruzioni cutanee. Nei bambini la febbre tende a essere moderata, nei giovani si associano febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, cefalea e dolori muscolari. Negli anziani e nei soggetti fragili, invece, il quadro clinico può risultare più severo. In molti casi, i sintomi regrediscono spontaneamente in pochi giorni o persistono per alcune settimane.
Le forme gravi riguardano meno dell’1% dei contagiati (circa 1 persona su 150) e possono includere febbre elevata, cefalea intensa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi visivi, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcune conseguenze neurologiche possono essere permanenti. Nei casi più rari, stimati in circa 1 su mille, l’infezione può causare encefalite letale e richiede il ricovero ospedaliero.
Poiché non esistono vaccini né terapie specifiche contro la febbre West Nile, la prevenzione riveste un ruolo fondamentale. Tra le misure indicate vi sono l’eliminazione dei ristagni d’acqua, lo svuotamento frequente di sottovasi, secchi e contenitori, il cambio regolare dell’acqua nelle ciotole per animali, il mantenimento in posizione verticale delle piscine per bambini quando inutilizzate, l’uso di larvicidi in tombini e pozzetti, la pulizia delle grondaie e la copertura ermetica delle cisterne.
Per proteggersi dalle punture si raccomanda di installare zanzariere a porte e finestre, applicare repellenti cutanei, evitare aree con acque stagnanti, in particolare all’imbrunire e di notte, e indossare abiti chiari, lunghi e a maniche lunghe soprattutto nelle ore dell’alba e del tramonto.
Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, al 23 luglio 2025 erano 32 i casi confermati di infezione da virus West Nile nell’uomo in Italia dall’inizio dell’anno. Ventuno sono stati segnalati nel Lazio, tutti in provincia di Latina. La circolazione del virus risulta favorita sia dalla presenza di zone umide sia dagli effetti della crisi climatica, che con l’innalzamento delle temperature prolunga il periodo di attività delle zanzare, principali vettori dell’infezione.

