Israele attacca l’Iran, sale la tensione e il rischio di guerra globale

Guerra tra Israele e Iran

Sale la tensione con la guerra tra Israele e Iran.

Dopo l’attacco terroristico del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, gli analisti di sicurezza internazionale avevano già previsto la possibilità di future ostilità contro israeliani, americani e occidentali, messe in atto da attori sia statali sia non statali, in particolare collegati all’apparato d’intelligence iraniano e alla Jihad islamica. L’Iran, infatti, è noto per i suoi metodi ibridi di reclutamento e infiltrazione. In tale clima di crescente allerta, nella notte del 13 giugno 2025, Israele ha dato il via a una delle sue operazioni militari più audaci e complesse della storia moderna: l’operazione “Rising Lion”.

Tra gli obiettivi vi erano importanti figure del regime e scienziati di spicco.

Si tratta di un attacco preventivo su vasta scala contro l’Iran, volto a neutralizzare quella che Tel Aviv ha definito come una “minaccia nucleare offensiva” del regime degli Ayatollah. L’azione ha combinato attacchi aerei, sabotaggi, operazioni cibernetiche e assassinii mirati. Tra gli obiettivi principali vi erano importanti figure del regime e scienziati di spicco. Tra questi, Mohammad Mehdi Tehranchi, Fereydaun Abbasi Davani, e alti vertici delle forze armate come Hossein Salami (comandante delle Guardie Rivoluzionarie), Mohammad Bagheri (capo di Stato Maggiore), Amir Ali Hanizadeh (comandante delle forze aerospaziali) e Ali Shamkhani, consigliere di Khamenei, il cui grave ferimento è stato poi confermato.

L’offensiva israeliana ha colpito le postazioni iraniane.

Le offensive hanno colpito anche le principali installazioni nucleari iraniane: Natanz, Fordow, Arak e Isfahan, oltre ai siti missilistici di Parchin e Kajir. L’operazione è stata resa possibile grazie a un’attività di intelligence di alto livello condotta dal Mossad, che da tempo opera in territorio iraniano sfruttando le fratture interne al regime. Queste spaccature riflettono un crescente malcontento popolare, che ha reso possibile un’efficace penetrazione dei servizi israeliani, culminata, tra l’altro, con l’eliminazione nel luglio 2024 del leader di Hamas nel cuore di Teheran.

L’infiltrazione nello spazio aereo iraniano di droni Uav a lungo raggio.

La prima fase dell’operazione “Rising Lion” ha previsto l’infiltrazione nello spazio aereo iraniano di droni UAV a lungo raggio, provenienti da più direttrici, per colpire bersagli prioritari. Sistemi d’arma erano già stati nascosti in Iran per sopprimere le difese aeree locali, aprendo corridoi sicuri per gli attacchi successivi. Contestualmente, sono state attivate operazioni di sabotaggio e di dominio cibernetico per paralizzare la capacità reattiva iraniana. La seconda fase ha comportato il lancio di oltre 300 munizioni aeree guidate di precisione, seguita da una terza fase, che ha visto la distruzione sistematica delle difese aeree nella zona occidentale dell’Iran. Il Mossad ha anche smantellato la base strategica di Esfajabad, nel cuore di Teheran, facilitando i bombardamenti da parte dell’aviazione israeliana, destinati a protrarsi per giorni.

Un duro colpo alla catena di comando iraniana.

Il risultato immediato è stato un duro colpo alla catena di comando iraniana, compresa la messa in pericolo della Guida Suprema, Ali Khamenei, che secondo fonti d’intelligence si sarebbe rifugiato in un bunker sotterraneo a Levizan, nei pressi di Teheran. In segno di vendetta, hanno issato la bandiera rossa, simbolo di imminente rappresaglia, sul tetto della Grande Moschea. E la risposta iraniana, infatti, non ha tardato. La notte successiva all’attacco, il 14 giugno, Teheran ha lanciato una raffica di missili balistici, colpendo aree civili di Tel Aviv, Haifa e Gerusalemme.

Nella guerra contro l’Iran lo Stato di Israele si è dimostrato ben preparato.

Negli anni, ha investito massicciamente in una rete di difesa aerea multilivello, volta a proteggere centri abitati e strutture militari. Questa architettura di difesa comprende Iron Dome, capace di intercettare razzi a corto raggio; David’s Sling, progettata per contrastare missili balistici e da crociera entro 300 chilometri; Arrow 2 e Arrow 3, sistemi mobili per neutralizzare minacce balistiche ad alta quota; Iron Beam, una tecnologia laser ad alta energia per abbattere razzi e droni; Thaad, una batteria fornita dagli Stati Uniti, dotata di radar in grado di monitorare fino a 2.800 chilometri.

Ciononostante, l’Iran ha affermato di aver lanciato centinaia di droni e missili, la maggior parte dei quali sono stati intercettati, anche se alcuni hanno provocato decine di vittime civili e centinaia di feriti. L’apparato di difesa israeliano ha limitato i danni. Tuttavia, l’ampiezza dell’offensiva ha dimostrato che Teheran ha abbandonato l’approccio selettivo delle precedenti schermaglie, optando per un attacco indiscriminato.

La superiorità tecnologica e operativa israeliana.

Dal punto di vista strategico, è emersa la superiorità tecnologica e operativa israeliana. L’Iran, dal canto suo, appare ancora legato a un assetto militare degli anni ’70, periodo in cui cessò di ricevere approvvigionamenti avanzati. La facilità con cui i velivoli israeliani hanno penetrato lo spazio aereo nemico ne è una chiara dimostrazione. Le autorità iraniane, in un’escalation verbale, hanno minacciato di lanciare 2.000 missili su Israele. Al momento, tuttavia, la maggior parte degli attacchi ha causato danni contenuti, grazie all’efficienza del sistema difensivo israeliano. È chiaro che la guerra è solo all’inizio. La strategia di Tel Aviv mira a ridurre progressivamente la capacità offensiva iraniana, colpendo in profondità senza dover temere reazioni efficaci.

Il fulcro della guerra tra Israele e Iran potrebbe essere l’eliminazione di Khamenei.

Uno degli obiettivi principali dell’operazione israeliana pare essere proprio l’eliminazione della Guida Suprema Khamenei. Un evento del genere potrebbe innescare lo sgretolamento del regime, oppure una successione dinastica, forse a favore del secondogenito. Secondo fonti d’intelligence, alcuni alti funzionari iraniani avrebbero chiesto a Mosca l’autorizzazione per esfiltrare alcuni Ayatollah in caso di caduta. Se realizzato, questo scenario potrebbe aprire la strada a un processo di transizione democratica. Tale processo è stato richiesto per decenni dalla società iraniana, in particolare dai giovani e dalle donne, da tempo in lotta per i diritti civili.

Il rischio di possibili ricadute in Italia e in Europa.

Nel frattempo, in Europa e in Italia ci si interroga su eventuali ricadute. Sebbene al momento non si prevedano minacce dirette per l’Italia o la Sardegna, le autorità hanno innalzato il livello di allerta in tutte le strutture militari e d’intelligence, adeguandosi alle misure adottate dai Paesi Nato. La Guida Suprema ha anche minacciato la chiusura dello Stretto di Hormuz, passaggio marittimo strategico che collega il Golfo Persico al Golfo dell’Oman e da cui transita circa il 30% del petrolio mondiale (20 milioni di barili al giorno). Una sua eventuale chiusura avrebbe un impatto devastante sul mercato energetico globale, facendo salire i prezzi del greggio fino a 200 dollari al barile. Questo provocherebbe ripercussioni dirette su famiglie, imprese e trasporti in tutto il mondo, incluse le regioni insulari italiane come la Sardegna.

La possibilità di una crisi più ampia resta concreta.

In questo scenario, si prevede l’attivazione di una “guerra ombra” o di soft power, coinvolgendo attori globali come Stati Uniti, Israele, Regno Unito e Iran. Sebbene i mercati petroliferi al momento non registrino fluttuazioni eccessive (circa 75 dollari al barile), la possibilità di una crisi più ampia resta concreta. Tuttavia, gli analisti ritengono che lo scenario di un blocco totale sia ancora evitabile, purché il conflitto non degeneri ulteriormente.

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Analista in geopolitica, intelligence, sicurezza nazionale e internazionale ed esperto in criminalità organizzata.