Sardegna, l’allarme della Caritas: “Cresce il numero dei poveri”

L’intervista al direttore della Caritas Sardegna, don Marco Statzu.

Don Marco Statzu, 44 anni, sacerdote della diocesi di Ales-Terralba dal 2004, è parroco della Beata Vergine delle Grazie a Sa Zeppara (Guspini). Dal 15 giugno 2023, con nomina della Ces (Conferenza episcopale sarda) è il delegato della Caritas regionale in Sardegna. Contattato dal Giornale di Oristano ha accettato l’intervista che pubblichiamo.

Chi sono, oggi, i poveri nel territorio regionale?

“La povertà in Sardegna è variegata. C’è una povertà assoluta, di persone che non sono in grado per nulla di curare la propria sussistenza, e una povertà relativa, che raccoglie chi, pur avendo degli introiti, non riesce a far fronte a tutte le esigenze della vita e della propria famiglia. Poveri sono gli anziani ma anche tutti coloro che non possono curarsi perché il Sistema sanitario non garantisce un adeguato accesso alle strutture sanitarie, alle visite, agli esami. È inaccettabile che ci siano intere comunità sprovviste di medici di base o pediatri. Ancora: un quarto dei giovani sardi non conclude il curriculum scolastico con un diploma di scuola superiore. Povere sono le donne che devono scegliere se lavorare o curarsi dei figli. La solitudine e l’isolamento sono una grande povertà. E potrei continuare”.

In cosa consiste, nel concreto, il piano pastorale della Caritas regionale?

“La domanda mi dà l’occasione di spiegare meglio cos’è la Delegazione regionale della Caritas Sardegna. Come prevede infatti lo Statuto della Caritas Italiana sono costituite le delegazioni composte da tutte le Caritas diocesane della Regione di appartenenza. I Delegati regionali tengono i collegamenti tra le Caritas Diocesane della rispettiva Regione, le assistono nella loro attività, ne guidano le iniziative comuni, specialmente quelle di carattere formativo. Quindi la Delegazione regionale non è una “Super Caritas”, ma un organismo ecclesiale a servizio delle diocesi per la testimonianza della carità. La vera operatività viene svolta più a livello diocesano”.

Lei, ad un anno dalla nomina a delegato regionale, che impronta sta dando alla sua azione pastorale?

“Proprio per quanto dicevo precedentemente, io come Delegato non ho un’azione pastorale autonoma, ma mi impegno a seguire, insieme con tutti i direttori diocesani, le linee tracciate da Caritas Italiana e soprattutto a coordinare i vari ambiti di azione, e nello specifico: l’ambito Promozione Caritas, che comprende la Formazione dei volontari e degli operatori, il Servizio Studi e Ricerche e la Comunicazione; l’ambito Promozione Umana che si sviluppa in Area inclusione finanziaria, Area immigrazione ed etnie minoritarie, Area carcere e giustizia riparativa, Gruppo regionale advocacy e politiche sociali, Nucleo Regionale Servizio Civile/Area giovani e Progetto Policoro (in collaborazione con Pastorale Giovanile e Pastorale sociale e del lavoro). Infine, l’ambito di Promozione Mondialità, Pace e Conversione ecologica. Ognuno di questi ambiti e aree ha dei responsabili che curano le relazioni tra i referenti a livello diocesano: informano, promuovono, organizzano incontri formativi, portano avanti progettualità. È un organismo complesso, come ogni organismo vivente. Io cerco di essere disponibile alle richieste dei colleghi direttori, di coordinare le attività comuni e di tenere il collegamento con la Caritas Italiana, portando le istanze delle nostre riflessioni in Consiglio nazionale, e i percorsi nazionali nella nostra terra”.

Caritas si avvale di una rete fatta di tanti volontari. Può darci alcuni dati?

“I dati dell’ultima Indagine nazionale su presenza, senso e stile del volontariato nella Caritas ci restituiscono un’immagine positiva del volontariato nella nostra Isola. I volontari nei servizi diocesani sono oltre 1.100 e oltre 1.250 sono quelli delle Caritas parrocchiali (circa il 2,8% del totale dei volontari a livello nazionale). Se andiamo ai valori relativi al numero di abitanti siamo al terzo posto in Italia con 70 volontari ogni 100.000 abitanti. Oltre il 60% sono donne e quelli sotto i 50 anni di età rappresentano poco più del 32% del totale. Tantissimi sono motivati e sono persone che offrono disinteressatamente il loro tempo e le loro energie a servizio del prossimo e della comunità”.

Come dialogare con le realtà istituzionali impegnate sul territorio?

“Il dialogo con le realtà istituzionali è fondamentale a tutti i livelli perché la Caritas è espressione delle comunità diocesane e parrocchiali. Dunque, in primis i Sindaci e i Servizi sociali comunali. Poi sono importanti i rapporti con i Centri per l’impiego, con i Centri di Salute mentale, con i Centri Anti Violenza, con i Serd, con le Asl. Spesso sono questi stessi servizi che, impossibilitati a intervenire direttamente in situazione difficili, indirizzano a noi i loro utenti. Ovviamente noi cerchiamo di offrire anzitutto l’ascolto e l’accoglienza in una famiglia, perché nella Chiesa non esistono assistiti o utenti, ma fratelli e sorelle. Sicuramente c’è da migliorare un po’ ovunque il rapporto con i vari servizi pubblici, per far comprendere che non siamo in competizione ma possiamo fare la nostra parte nella società sulla base del principio di sussidiarietà sancito dalla Costituzione Italiana”.